Chiunque merita una volta nella vita di vivere un viaggio indimenticabile, un viaggio che ti cambia la vita.
Questo blog ha anche una sezione esperienze e oggi parleremo di una di queste. Un mio viaggio realmente accaduto: vi racconterò le sensazioni, e anche un buffo avvenimento; la riflessione psicologica è nel paragrafo “Guerra interiore” per chi volesse approfondire direttamente questi aspetti.

La meta, le valigie, la partenza
Primo viaggio da sola a 14 anni per studiare inglese, dormire in un college, vivere per 15 giorni una vita che mi apparteneva a metà: partivo verso Oxford completamente da sola. Non è che non avessi mai partecipato a gite scolastiche o dormito fuori casa, ma mai per 15 giorni di fila, mai in un posto in cui non si parlasse italiano e mai con un gruppo di estranei. Immaginate una ragazzina introversa che si ritrova su un autobus e un aereo con un gruppo già bello che formato, tutti si conoscevano, tutti erano il mio esatto opposto. Ma riavvolgiamo la pellicola: pensiamo alla valigia.
La valigia non comprende solo vestiti, ma anche tutte quelle competenze e capacità che apprendiamo nella nostra vita. La mia valigia era scarna, avevo pochi vestiti adatti ad un clima imprevedibilmente londinese, un samsung star bianco e tante tante insicurezze.
Partire significava mettere da parte tutto: non volevo più farlo. Ho ricacciato dentro di me tutta la voglia che avevo di scappare dall’aeroporto per tornare a casa e mi sono fatta coraggio. Volevo vedere Londra, volevo capire cosa si prova a vivere il mondo; dovevo superare lo svezzamento dalla protezione di un piccolo paese per diventare cittadina del mondo.

Il viaggio non inizia bene: prime disavventure
Lo so, lo so, non dovrei occupare un intero paragrafo per raccontare una disavventura, ma mi preme raccontarvi le condizioni in cui fossi e quanto “fossi disperata”. Arriviamo dopo un intero giorno di viaggio la sera tardi (una cosa come le 8 di sera – le 9 in Italia) e al college si indispettiscono perché siamo oltre l’orario di cena, ma dovevamo mangiare.
Inizio a sentire tutta la solitudine di un viaggio così assurdo: non sarei mai dovuta partire. Prendo il telefono: non mi importava di dover pagare tanti soldi, ma dovevo riuscire in un modo o nell’altro a chiamare casa. Chiamo: tu…tu…tu… voce a caso che dice parole in inglese in modo velocissimo. Panico. Chiamo ancora: tu…tu…tu…tu…di nuovo la voce. Penso di essere finita in un posto senza possibilità di comunicare. Cosa era successo? Cercavo di chiamare senza prefisso e la voce inglese cercava solo di farmelo capire. Ma vi immaginate/ricordate com’era prima? Quando per chiamare dall’Inghilterra in Italia si parlava di un occhio della testa e dovetti farmi una scheda inglese per riuscire a comunicare.

Guerra interiore
Questo è forse il paragrafo più importante. Parla di quello che ho provato durante l’intero viaggio. 12 emozioni che mi hanno portata a maturare la condizione in cui sono e vivo oggi.
- Solitudine e senso di inadeguatezza: viaggiare per la prima volta così lontano in un gruppo diverso da me per valori e modo di vivere; non sono mai stata una persona a cui piaceva mostrare, volevo studiare e godermi l’Inghilterra.
- Errore e rabbia: sentirsi un errore è una sensazione che non augurerei mai a nessuno; ogni tanto succede di perdere il contatto con la realtà e voler sparire nell’abisso dell’oblio. Non riuscire ad essere se stessi in un momento delicato come i 14 anni, non sapere ancora chi si è né come affermarsi causa un turbinio di sensazioni diverse.
- Ansia e paura: paura di non sapere cosa fare, non saper comunicare, fare la cosa sbagliata, cacciarmi nei guai, ansia di venir travolta da troppe energie da non saper gestire.
- Orgoglio e insicurezza: entrambi legati allo studio, riuscire per la prima volta a porsi in una classe con solo stranieri sicuramente ad esperienza conclusa riempie di orgoglio, ma nel presente crea tante tante insicurezze.
- Meraviglia e curiosità: la meravigliosa Londra con i parchi e la vita frenetica, accenti di musicalità diverse, luci colori, sguardi interessati, la possibilità unica di vivere un “film” in cui studiare nel parco del college o sbirciare in una biblioteca di legno.
- Sorpresa e gioia: ho conosciuto persone splendide con cui mantengo i contatti ancora oggi e che nonostante fossero a studiare lì con i loro gruppi mi hanno dato la possibilità di vedere e apprendere più su di me in un modo che mai avrei immaginato.

Sono tornata sana e salva: cosa ho imparato in questo viaggio?
Il susseguirsi di emozioni è stato innegabile. Mi mancavano i parchi, l’indipendenza e addirittura la pressione emotiva. Questo lancio nel vuoto lo definirei come una delle esperienze più potenti che io abbia vissuto: sono stata male, ma ho capito come rialzarmi perché ero completamente sola. I risultati non sono arrivati l’anno dopo e nemmeno quello dopo ancora, sono rimasta apparentemente la stessa, ma ho ricevuto una spinta che mi ha permesso di esser qui e di poter sognare in grande.
Come ogni frattura interiore che si prova diviene uno spartiacque tra il prima e il dopo. Questo spartiacque è stato positivo: ho iniziato ad amare i viaggi, le esperienze folli, il mettermi alla prova con continue sfide, la curiosità verso il mondo. Lo rifarei a costo di rivivere anche le emozioni negative? Assolutamente sì. Viaggiate, scoprite, mettetevi alla prova o non saprete mai quanto la forza dentro voi stessi possa essere dirompente.
Questo articolo è più uno Storytelling che un articolo “scientifico” vero e proprio, ma per queste e altre necessità ci sono le sezioni del blog specializzate. Spero possiate apprezzare comunque questa tipologia di articoli e racconti.




