Il termine ghosting è ancora uno dei più utilizzati. Comprende una serie di atteggiamenti “fantasma”: persone che spariscono silenziosamente e improvvisamente dalla nostra vita.
Tutti e tutte lo odiamo, ma non riusciamo a liberarcene. Perché? In questo articolo cercheremo di vedere insieme le radici psicologiche del ghosting cosa spinge a farlo ma anche le conseguenze su chi lo subisce.

Dì la verità: hai fatto ghosting anche TU!
Lo so, così suona come un’accusa crudele, ma ormai sono poche le persone superstiti a questa pratica che ancora sono indenni dall’averlo fatto almeno una volta (anche se per sbaglio).
Eppure è vero, tutti e tutte abbiamo iniziato a fare ghosting anche se NON nell’accezione più tossica e problematica del termine. Quante volte lasciamo chat whatsapp ad aspettare le nostre risposte per mesi? Per riaprirle quando (ahimè) la risposta non ha più senso.
Questo esempio vuole aprire una riflessione verso quello che in realtà è il mondo oggi. L’arte del “dileguarsi” negli ultimi anni ha raggiunto proporzioni davvero enormi. Sicuramente l’online ha aiutato a sparire dalla vita delle persone senza grande sforzo: bloccando Facebook, Instagram e whatsapp diventa quasi impossibile farsi raggiungere da una persona e anche trovarla.

Da dove nasce il ghosting e che persona è il ghoster?
Nel “lontano” 2015 si parlò per la prima volta del termine ghostare e di come sempre più persone stessero prendendo questa abitudine. Vittime o fantasmi, ci siamo passati tutti e tutte. Sarà stato l’avvento sempre maggiore di social network e metodi alternativi di comunicazione a facilitare questa scomparsa e allontanamento silenzioso dalle persone.
Vari studi, tra cui uno in particolare dell’Università di Padova, hanno ripercorso le relazioni di persone che facevano parte della triade psicopatia, machiavellismo e narcisimo, notando una propensione alta al ghostare le persone e ad accettare il ghosting come una pratica possibile e accettabile nelle relazioni.
Questo NON vuol dire che tutte le persone che fanno ghosting hanno queste psicopatologie. Le ragioni infatti possono essere diverse.
Tra le principali troviamo:
- Paura di ferire l’altra persona o subire un rifiuto
- Evitare il confronto con i propri sentimenti
- Facilità di sparire online senza conseguenze apparenti
- Sovraccarico di comunicazioni online rendono tutte meno valide quasi dietro lo schermo non ci fosse nessuno o nessuna.
Eppure rimane valida la regola: meglio chiudere in malo modo che non chiudere, per il bene di entrambe le persone coinvolte.
Più doloroso del rigetto sociale
Fu la psicoterapeuta Jennice Vilhauer a sentir parlare di questo fenomeno per la prima volta da un suo paziente. Subito si rese conto di come questo atteggiamento aveva provocato ansia, alto livello di stress e depressione.
I nuclei cerebrali attivati sono gli stessi di quando si sperimenta vero e proprio dolore fisico. A prescindere dal tempo da cui si conosce la persona o della relazione che si ha con questa (romantica, di amicizia, di lavoro), il ghosting va a toccare i nervi scoperti dell’inferiorità e non lascia spazio per una conclusione relazionale. Le conseguenze si vedono a per maggiore livello di stress, abbassamento dell’autostima, umiliazione, insicurezza e rabbia nelle persone vittime di questa pratica.
La fine di qualcosa, che sia amore, lutto, amicizia o lavoro segue sempre gli stessi step che ne dichiarano la conclusione e permettono alle persone di andare avanti. È la mancanza di chiusura ciò che rende il ghosting una pratica così difficile da accettare, l’incertezza fa sorgere molti dubbi sulla situazione ma anche su di sé. Meglio un duro: “finiamola qui” che una conversazione interrotta quasi non si meritasse una risposta.
5 RED FLAGS da tenere sotto controllo
Vale la pena tenere salvato questo articolo solo per queste red flags: diventa sempre più difficile trovare i così detti ghoster e proteggerci in anticipo da delusioni e relazioni destinate a sparire.
- Guardatevi bene dalle persone che sembrano avere fin dall’inizio una personalità evitante, che temono il giudizio in modo eccessivo.
- Se in una conversazione si parla di questo argomento e la persona sembra approvarlo o ammette di aver già fatto ghosting: occhi aperti, potrebbe ripeterlo!
- Mancanza di comunicazione e tendenza a reprimere i pensieri e considerazioni personali.
- Il ghoster in erba: lascia passare tanto tempo prima di rispondere ai messaggi importanti (NB si intende anche mesi) anche dopo che lo hai fatto presente? Disdice spesso gli appuntamenti o non si presenta?
- Attenzione a chi mostra un basso livello di empatia verso le tue esigenze e le tue richieste.
Caso studio: ghosting in Sud Corea
Di rientro dal mio recente viaggio a Seoul, ho avuto modo di parlare con persone che, non solo hanno sperimentato sulla loro pelle questa versione estrema di ghosting, ma anche di conoscerne gli effetti.
La Corea del Sud, patria perfetta per i “fantasmi”, tra tecnologie e pressione sociale ha portato a considerare normale lo “sparire” nelle relazioni in cui non si vede un futuro. Come? Bloccando la persona dopo averla vista o addirittura dopo averle dato buca. La principale motivazione in questa parte del mondo riguarda la pressione sociale: non sentirsi all’altezza, paura di venire lasciati o lasciate, difficoltà nell’affrontare i sentimenti positivi e negativi, ne sono alcuni esempi.
Cosa fanno in Corea di così diverso dal resto del mondo? Non solo bloccano, ma prima fingono che sia tutto ok. Possono prendere un appuntamento per un caffè in un luogo e non presentarsi, lasciando la persona ad accorgersi solo in quel momento che l’account KakaoTalk (Whatsapp coreano) è disabilitato. La pressione sociale gioca un ruolo anche sulla vittima: cosa sarà stato a generare così tanta rabbia?
Diventata la norma, porta ad evitare confronti e conflitti perché elimina le occasioni anche minime di dialogo. Sicuramente non è sano. Ma tu avresti o hai il coraggio di dire alla persona con cui esci che non ti piace più?