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Halloween party: tra psicologia e terrore

Se fino a qualche ora prima chiudevamo nell’armadio i pensieri da brivido, nella notte di Halloween li troviamo pieni di fascino. La psicologia ci ricorda come scherzare sulla morte la renda meno angosciante e in questa notte possiamo metabolizzarla e parlarne.

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La simbologia di Halloween

Ragni, zombie mangia cervelli, streghe, scheletri e morti diventano insieme ad altri gli indiscussi protagonisti di una giornata terrificante. Una giornata per celebrare un’emozione: quella della paura. La paura è adattiva, ci permette e ci ha permesso di sopravvivere costruendo l’immagine di ciò che spaventa e ciò che no.

Secondo studi statici sarebbero 18 le paure irrazionali, ridotte a fobie; di animali considerati pericolosi come ragni o serpenti, il sangue, i fenomeni naturali catastrofici (terremoti, uragani, alluvioni), i germi o i clown, la morte. Tutte queste paure le ritroviamo per le strade la notte di Halloween.

Un po’ di storia per spiegare la tradizione

La notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre vede nascere una festa di origine pre-cristiana, con esattezza celtica. I Celti, infatti, festeggiavano la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno con un “capodanno” alla veglia di tutti i Santi. Oggi, colpevole la globalizzazione, risentiamo molto della tradizione britannica e statunitense della festa: i bambini si travestono da elementi magici e spaventosi richiamando un aspetto scherzoso di Halloween. In alcune parti del mondo la tradizione è rimasta legata alla morte: si è soliti lasciare il cibo ai defunti o omaggiarli con luci e candele. Si pensa, infatti, che durante la notte del 31 dicembre la linea tra mondo terreno e aldilà si assottigli fino ad essere oltrepassabile.

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La paura è una funzione adattiva: come nasce?

La paura, insieme a tristezza, gioia, disgusto e rabbia, è una delle emozioni fondamentali degli esseri viventi. Vari cambiamenti fisici e mentali ci preparano all’azione: fight or flight. La prima ci consente di affrontare l’ostacolo, combatterlo; la seconda ci porta ad abbandonare la situazione prima che divenga eccessivamente minacciosa per la nostra sopravvivenza.

Da un lato nel nostro cervello abbiamo paure ataviche, che sono innate, come quella dei luoghi bui, o degli aghi, o dei ragni e serpenti. Questo sentimento nasce dalla consapevolezza che questi elementi possono rappresentare un pericolo e quindi ci mette sulla difensiva. Ma può anche essere indotta e influenzata, come nelle tradizioni popolari, nelle leggende, nei racconti familiari che contribuiscono ad alimentare la paura dell’uomo nero, degli spettri, dei mostri.

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Perché esorcizzare la paura ad Halloween ci aiuta

Il terrore ci accomuna tutti, ma nella cultura attuale se ne parla sempre meno, tanto da renderlo un tabù. Perché? La debolezza umana viene ancora vissuta come malvagia e controproducente; si preferisce evitarla piuttosto che ricavarne un punto di forza. La morte, nella notte di Halloween, entra a far parte della quotidianità, filtrata e attenuata da stratagemmi che la rendono innocua; ma portandola a conversazione.

Vogliamo allontanare la nostra connessione con un mondo che non capiamo, che ci fa soffrire. Viviamo come se dovessimo esserci per sempre, senza parlare di come sarà e di cosa dovesse accadere se…morissimo. Chiediamo alla scienza di farci vivere per sempre, allontaniamo il pensiero della morte e riduciamo i rituali del lutto a forme che non ci permettono di elaborare la morte come dovrebbe essere.

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La morte e la vita: il dualismo perfetto

Halloween è il momento in cui i morti tornano tra i vivi, ricordandoci che la morte è strettamente collegata alla vita. È una festa con caratteri ambivalenti: paura e divertimento, morte e dolcetti, atmosfere lugubri e tavolate di amici che scherzano, rappresentano le due opposte  polarità della vita e della morte con cui dobbiamo confrontarci.

Per i bambini è un’occasione per divertirsi e per fare le domande scomode a cui non avrebbero ricevuto risposta. I bambini danno nome alla paura – la chiamano lupo cattivo, orco, strega – le fiabe consentono di esorcizzarle, attraverso il filtro del c’era una volta che le colloca in un altro spazio tempo. La festa di Halloween vuole fare proprio questo: trasporre la paura in un altro spazio tempo per esorcizzarla.

Il “per finta” del travestimento diventa un “per vero” nelle emozioni e nei discorsi senza che questo pesi o spaventi in un modo che non risulti rassicurante. Per i bambini potersi trasformare in diavolo, strega o vampiro permette di dare espressione innocua, per un giorno, anche a parti di sé come l’aggressività e la trasgressione, che normalmente sono educati a reprimere, mettendole in scena in un contesto delimitato e protetto.

Impedirne la rappresentazione è nocivo perché parliamoci chiaro: sono più gli adulti a spaventarsi della morte di quanto non facciano i bambini.

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