Nella recensione del libro-fenomeno Finché il caffè è caldo è impossibile tagliare fuori la parte psicologica nascosta tra le righe. Mi piacerebbe accompagnarvi in una lettura o rilettura del libro sotto un nuovo punto di vista affrontando i significati nascosti e i messaggi dell’autore.
Trama del libro Finche il Caffè è caldo
Per chi non avesse (ri)letto il libro di Toshikazu Kawaguchi, Finché il caffè è caldo non può non iniziare la lettura di una recensione, soprattutto in chiave psicologica, senza rispolverare anche brevemente la trama.
L’autore lascia ruotare le vite di vari personaggi intorno ad un luogo, una caffetteria di Tokio, in cui una volta entrati si potrà rivivere, seguendo procedure specifiche, un momento del passato. Durante la lettura, vengono presentate le regole della caffetteria, tra cui quella di non far raffreddare il caffè, così come raccontati ricordi più o meno dolorosi e squarci di vita dei personaggi che ad uno ad uno sfidano le regole del tempo per sanare il proprio dolore.
Una trama non avvincente, non d’azione o da romanzo rosa, ma che ricalca un filone di letteratura orientale (ultimamente imitato anche in occidente) che ripercorre il filo sottile tra la conoscenza di sé, l’autoconsapevolezza e gli interrogativi sulla propria vita.
Accenni all’autore e ai luoghi Toshikazu Kawaguchi è uno scrittore giapponese che vede in questo libro il suo primo romanzo, a cui ne seguiranno altri dello stesso filone narrativo e nello stesso universo letterario creato. Il suo stile, benché paragonato dalla critica a quello di H. Murakami o di B. Yoshimoto, l’ho trovato meno onirico e più presente quasi fosse calato su un piano di realtà. Questa non vuole essere una critica, ma piuttosto una riflessione che in una recensione è necessaria: la narrazione in Finché il caffè è caldo è più lineare e meno psicologica e onirica di Murakami che lo rende scorrevole e leggibile sotto vari aspetti e in vari step evolutivi (e di lettura). L’ambientazione è un Giappone senza spazio-tempo, che sembra perfettamente presente e in linea con il mondo di oggi, ma anche dolcemente accostato al passato con cui scambia continuamente scorci di storia, proprio per i viaggi che i personaggi compiono. Del Giappone non risente tanto nelle ambientazioni esterne alla caffetteria, quanto più nella mentalità, nelle abitudini, nelle necessità e nello state of mind dei personaggi. È proprio questa appartenenza culturale che ha permesso una scrittura scorrevole e delicata di un tema lontano e surreale in occidente (fantasmi, viaggi nel tempo…). Tutti elementi che reinterpretati in chiave psicologica sono reali e importanti a prescindere dalla cultura. Tra le regole della caffetteria e dei “viaggi” nel passato ce n’è una che riassume benissimo il concetto di psicoterapia a livello ampio come il prendersi cura delle ferite: non dimenticarsi del presente con cui è bene restare in contatto. Non dimenticarti la regola fondamentale: non lasciare per alcuna ragione che il caffè si raffreddi. Il viaggio nel passato, reale o metaforico, è doloroso, consolatorio, permette di dare nuove opportunità, rivedere persone care, MA non spezza il collegamento con il il presente. Inoltre c’è un altro piccolo particolare che le persone scopriranno una volta sedute al tavolo della caffetteria: NON potranno modificare il presente. Sconcertante, ma nulla di più reale: nella vita quotidiana possiamo ricordare il passato, prenderne contatto, ma mai modificarlo esternamente. Saremo noi ad uscirne in maniera diversa. Come dichiarato dallo stesso autore: “il libro riflette il modo in cui le persone dovrebbero affrontare la realtà”. I diversi temi trattati durante il libro aprono infatti uno scorcio di vita, dai personaggi, alle nostre vite personali. Di seguito ho riassunto alcune macro-categorie della parte psicologica della storia, trattate in Finché il caffè è caldo per rendere una recensione quanto più fedele possibile. Viaggio nel tempo, parole nel passato, ritorno al presente: i tempi cambiano continuamente e il lettore è accompagnato da uno all’altro come se li vivesse sulla propria pelle. L’autore pone un forte accento sul presente e sulla sua importanza. Il viaggio nel passato, che non modifica gli eventi di allora, darà consolazione ad un rimorso o un rimpianto, permetterà ai personaggi di sentire il passato e godersi il presente con occhi nuovi e cuore leggero. Finché il caffè è caldo, è la possibilità che ogni tanto ci diamo di cambiare punto di vista quando il presente sembra costellato di delusioni, pericoli o insoddisfazioni; senza perderci in un tempo che non ci appartiene. Ed è proprio per questo che funziona! Ambientazione semplice e casalinga, lettura scorrevole, a tratti magica e c’è chi direbbe ripetitiva; fatta di parole che arrivano dritte al cuore anche di lettori e lettrici più in erba. Se lo avete letto o lo leggerete vi aspetto qui sotto e sul mio profilo Instagram (@benessereinterattivo) per sapere cosa ne pensate! Per me questo libro è un grandissimo SI. Anche a distanza di anni dalla sua uscita conquista il cuore di tantissime persone (e non dimenticate di leggere anche i successivi, nuovi personaggi, ma stessa coccola per l’anima). La vita come il caffè va gustata sorso dopo sorso, facendo attenzione che non si raffreddi (e non sia troppo tardi), altrimenti non riusciremmo più a berlo (perdendo il contatto con il presente). Spesso sottovalutiamo il potere della libro-terapia, ma leggere dona una visione diversa e spesso accompagna passo dopo passo le nostre vite. PS: non abbiate paura di munirvi di una matita (o di un pennarello) per lasciare sulle pagine i vostri ricordi e lasciarli mescolare a quelli dell’autore.Un libro in chiave psicologica?
I principali temi affrontati
Un viaggio nel QUI e ORA
Recensione finale: vale la pena leggerlo?