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SQUID GAME: un fenomeno di massa o una serie tv?

Eccoci! Finalmente ho deciso di parlare anche io di Squid Game e prendere una posizione. Perché ho aspettato? Perché volevo avere una visione completa sulla serie tv, metabolizzarla e poter affrontare l’argomento su più fronti: cinematografico, psicologico, sociale. Ma soprattutto dare uno sguardo sulle nuove generazioni.

Andiamo per punti…

biscotto_squid_game_psicologia SQUID GAME: un fenomeno di massa o una serie tv?

Una nuova era cinematografica?

Come è possibile che una serie tv, non pensata per un pubblico mondiale, anche se sicuramente con un retrogusto occidentale, finisca nella TOP10 dei più visti di Netflix Italia? Dopo un accenno alla trama (senza spoiler) vi lascio un commento leggermente più tecnico – nella mia inesperienza – di un’analisi cinematografica.

Di cosa parla Squid Game?

La storia segue dapprima il protagonista Seong Gi-hun, un uomo divorziato a cui è stata allontanata la figlia, con una madre malata e una disperazione sociale ed economica annegata nelle corse ai cavalli. Come lui tantissimi e tantissime vivono una realtà che li ha già uccisi e faticano per tenersi a galla nei debiti. Vengono selezionati in circa 400 tra donne e uomini per partecipare al famoso gioco all’interno di un campo attrezzato su un isola vicino Seul. Frontman e le guardie rosse monitorano tutti i movimenti con un sistema computerizzato e seguono i personaggi che dovranno affrontare 6 giochi; tra cui il famosissimo Un Due Tre Stella, ma anche giochi tipici dell’infanzia sud coreana come il dalgona. E se si dovesse perdere? Si viene eliminati…letteralmente.

Una serie tv coreana: commento alla recitazione e alla storia

Ok lo ammetto. Sono una grande fan delle serie tv coreane, i famosi kdrama, ma Squid Game non è molto il mio genere. Lo ammetto: l’ho visto solo per il suo apparire sugli schermi di TikTok e Instagram. L’andatura della storia l’ho trovata occidentale, nonostante la presenza di credenze e tradizioni della Corea e di alcune tematiche a loro care, come la differenza sociale abissale tra famiglie sud coreane. Le classiche serie coreane nascono per concludersi in una stagione o poco più, Squid Game lascia aperta la porta a nuovi risvolti con un finale tipico della piattaforma streaming; un finale che per molti è un punto a favore, ma per tanti anche una nota negativa. Ho potuto apprezzare la recitazione di questo paese in più di una pellicola e devo dire che viene, anche in questo caso, riconfermata.

Vi lascio un’analisi cinematografica impeccabile e dettagliata per chi volesse approfondire (è un pochino lunga, ma credo abbracci appieno le caratteristiche e i riferimenti della serie):

Squid Game ha davvero copiato un’altra serie?

Mi permetto un piccolo disclaimer da Squid Game per un’accusa di plagio mossa verso la serie nei confronti della precedente serie, questa volta giapponese, sempre su Netflix Alice in Borderland già tratta da un manga omonimo. Per fornire un confronto completo ho deciso di vedere anche questa serie. Parlare di plagio a mio parere è eccessivo anche se molti sono i temi e i set ricorrenti come le persone costrette a giocare, le dinamiche di gruppo dalle lotte ai tradimenti, l’assenza di riferimenti della giustizia, la voglia di smascherare chiunque sia colpevole e il controllo “computerizzato” dall’altro. Nonostante le similitudini, Squid Game conferma un gusto coreano nella scelta dei personaggi e del background che questi hanno, oltre che nei giochi e nei luoghi di ripresa.

Analisi psicologica e sociale

Una serie ricca di spunti su più fronti: le dinamiche di gruppo, il senso di colpa, i rimpianti, la visione della morte e la scelta di morire. Partiamo dal tema più evidente nella serie, gli squilibri economici e la sicurezza assente. Il Sud Corea viene descritto come un posto di ampie differenze sociali con l’assenza di una classe media; il clima è pressante per gli outcast of the society che mi ricordano la realtà descritta da Dickens in Oliver Twist.

Come non citare le dinamiche di gruppo. Tra i personaggi si creano dinamiche spesso trattate in psicologia; in questo caso sono legate a stereotipi sociali e banalizzate, ma rendono bene il concetto di “la vita è una giungla”. Da una parte abbiamo il nostro protagonistaSeong Gi-hun, un leader che si pone alla pari degli altri del gruppo, che ascolta le posizioni di ognuno senza imporsi; è affiancato da un personaggio femminileKang Sae-byeok, quasi stereotipato nella riservatezza e dolore che si richiede alle donne coreane. Dall’altro un capo che incute timore, abituato al comando della malavita, Jang Deok-su non ascolta i compagni e non ha scrupoli nel sacrificarli; ad affiancarlo abbiamo una donna,Han Mi-nyeo, cinica e quasi spietata per un amore non mantenuto.

Tra le dinamiche da citare rimangono degne di nota anche il rispetto per l’anzianità che viene meno nelle questioni di vita e di morte. Ma anche l’amicizia sleale, quasi fosse un ossimoro, questo dimostra come spesso la fiducia verso l’altro non basta alla sopravvivenza e ci riporta ad istinti quasi animali.

Tra le tematiche più crude che più arriva a struggere l’animo umano è quella della morte. Una morte vista in modo leggero dalla squadra “rossa” al comando, una morte su cui puntare dei soldi, ma che dall’interno del gioco scurisce l’animo umano. In più di un’occasione le morti singole distruggono i personaggi dall’interno più che quelle d’insieme, c’è chi la vive con egoismo e chi non è disposto a viverla anche a costo di morire a sua volta.

squid_game_personaggi-1024x669 SQUID GAME: un fenomeno di massa o una serie tv?

Ma quindi Squid Game è una serie per una generazione di giovani?

Assolutamente NO. I giovanissimi e le giovanissime oggi sono esposti alla violenza, ma una violenza diversa, meno psicologica che non vede morire amici e tradire alle spalle. Non basta guardare questa serie per comprenderla, le debolezze dell’animo umano sono difficili da cogliere. La morte come dipinta nella serie sembra l’unica alternativa ad una vita miserabile, ma non è così: ogni singolo personaggio ha compiuto la sua scelta perché non ne ha viste altre; sta a noi aiutare le nuove generazioni a vedere le soluzioni che la vita stessa offre.

Cosa sta causando la serie nella quotidianità?

Continuiamo a parlare di bambini e bambine e nel dire che sono aumentate le notizie in cui si ritrovano ad imitare la serie tv e a giocare a giochi semplici quanto brutali, infondendo punizioni fisiche ai perdenti. Si parla di lanciare pietre o addirittura menare chi, sfortunatamente, perde.

La soluzione è sempre la stessa, PARLARNE! Per quanto sia vietato guardare la serie sotto i 14 anni sappiamo che in pochissimi casi questo limite è stato rispettato; meglio assicurarsi che venga compreso il significato altro della serie. Bisogna parlarne a scuola, come ci spiega anche Stefano Rossi, psicopedagogista e autore, in questa intervista. Bisogna optare per una visione (o re-visione) accompagnata dalle parole e dalle spiegazioni degli adulti. I bambini non hanno ancora le capacità cognitive per elaborare alcune scene e concetti che vanno oltre la semplice violenza e l’horror ma che possono creare dei microtraumi e aumentare l’ansia. Possiamo aiutare i più piccoli e le più piccole nella comprensione delle scene, fermare e raccontare cosa accade, guidando il loro ragionamento sulla speranza alla vita e su ciò che è giusto.

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